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"Rappresentazione
dello spazio architettonico e nuove tecnologie" P. Ruotolo,
F. Di Nocera in
"e-Arcom 2004 - Tecnologie per comunicare l'architettura
- DARDUS Università Politecnica Marche - Atti del convegno",
pag.
511-516 - CLUA Edizioni Ancona, ISBN - 88 - 87965 - 17 –
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RAPPRESENTAZIONE
DELLO SPAZIO ARCHITETTONICO
E NUOVE TECNOLOGIE
Paola RUOTOLO (*) e Francesco DI NOCERA (**)
(*)
European Art Magazine, http://www.eartmagazine.com
(**) Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi
di Roma “La Sapienza”, via dei Marsi 78 – 00185
Roma
Tel.: +39 06 49917663, Fax: +39 06 4451667, e-mail: francesco.dinocera@uniroma1.it
Riassunto
Come possiamo comunicare informazioni di carattere strutturale
ed estetico impiegando rappresentazioni alternative a quelle del
progetto architettonico? È possibile individuare dei modi
che non costituiscano una mera trasposizione dei codici comunemente
impiegati per comunicare attraverso altri mezzi come la carta
stampata e la televisione? In altre parole, e giocando con le
parole, è possibile un’architettura dell’informazione
specifica per l’informazione architettonica? Qualunque sia
la domanda, è nostra opinione che l’indagine volta
a fornire le risposte debba includere lo studio dei processi cognitivi
implicati nella genesi dei concetti e delle rappresentazioni che
riguardano lo spazio. Il presente lavoro ha come obiettivo quello
di passare in rassegna alcuni importanti contributi psicologici
specificatamente volti alla comprensione di come gli esseri umani
rappresentano lo spazio, mostrando la loro utilità per
la comunicazione in architettura via web. Inoltre, vengono presentati
i risultati preliminari di un’indagine conoscitiva condotta
su un campione di siti di architettura.
Abstract
How can we deliver structural and aestetichal information
using representations that are alternative to the ones used for
architectural design? Is it possible to find ways that do not
represent a mere transposition of the codes usually used for delivering
this type of information through other media, such us printed
paper and television? In other words, and playing with words,
is it feasible an information architecture specifically suited
for the architectural information? Whatever the question, in our
opinion the investigation aimed at providing the answers should
include the study of the cognitive processes involved in the genesis
of space-related concepts and representations. The aim of the
present paper is to review some important psychological contributions
specifically devoted to the comprehension of how humans represent
space, showing their utility for delivering architectural information
via web. Furthermore, preliminary results of an inquiry involving
a sample of architectural websites are presented.
Introduzione
Qual è il modo migliore per comunicare l’architettura
in Internet? La quantità di letteratura che sta emergendo
sull’argomento è prova sufficiente del fatto che
1) la risposta a questa domanda non è per niente ovvia
e 2) le rappresentazioni tipicamente impiegate in architettura
hanno dei limiti. Per esempio, non è forse vero che le
rappresentazioni della realtà architettonica si limitano
allo spazio occupato dal progetto, lasciando sistematicamente
fuori lo spazio vissuto dal fruitore, gli elementi che danno vita
al luogo, l’insieme di suoni, odori, movimenti?
Queste osservazioni ci hanno richiamato alla memoria un’affermazione
fatta da Antonino Saggio durante un convegno: “La cosa migliore
per presentare delle immagini è non presentare delle immagini,
ma raccontarle” (Saggio, 2003). La frase è qui estrapolata
dal suo contesto ed impiegata come provocazione, per suggerire
l’idea che si possa fare a meno della grafica per comunicare
architettura.
Alcuni romanzieri adottano la descrizione particolareggiata degli
ambienti per calare il lettore in una realtà altra. Per
renderli “presenti”, che altro non è che quel
processo per cui l’attenzione prestata a ciò che
accade nel “virtuale” è maggiore di quella
che accade nel mondo “reale” (Barfield e Weghorst,
1993). Altri, invece, impiegano una tecnica opposta: evitano la
descrizione e parlano delle relazioni con l’ambiente, dell’agire
nell’ambiente. Un esempio di questo stile è egregiamente
rappresentato da Jane Austen, per la quale l’importante
è prestare attenzione alla “forma logica e linguistica
degli enunciati che usiamo per descrivere le azioni” (cfr.
Picardi, 2000). In Orgoglio e pregiudizio, l’autrice così
descrive un ambiente, anzi il rapporto con un ambiente: “nella
sua biblioteca era riuscito sempre a starsene a suo agio e tranquillo:
uso, come diceva Elisabetta, a trovare in tutte le altre stanze
di casa stoltezza e stravaganza, in biblioteca almeno era sicuro
di essere libero”. Questa descrizione dice più di
una planimetria o un plastico, strumenti tecnici di cui l’architetto
si serve per comunicare a se stesso e al suo staff le relazioni
spaziali, ma che sono inutili per il profano il cui scopo è
quello di comprendere l’ambiente attraverso le azioni che
è possibile effettuare in esso.
Sitstemi
di riferimento spaziale
La nostra conoscenza dello spazio può essere ottenuta direttamente,
attraverso la navigazione, oppure indirettamente, attraverso rappresentazioni
pittoriche e descrizioni. L’esperienza diretta comporta
spesso la locomozione attraverso l’ambiente ed è
multimodale, poiché si basa su input propriocettivi, cinestetici,
uditivi, visivi, ecc.
La comunicazione di informazioni architettoniche su rete non può,
ovviamente, avvalersi di questa conoscenza diretta e deve necessariamente
basarsi su rappresentazioni dell’ambiente o dell’artefatto
da trasmettere. È possibile distinguere almeno due categorie
di tali rappresentazioni. Le rappresentazioni statiche (mappe,
diagrammi, disegni, fotografie, plastici, ecc.) e le rappresentazioni
dinamiche in grado di mostrare cambiamenti nella dimensione temporale.
I recenti sviluppi tecnologici hanno reso quest’ultima classe
di rappresentazioni molto più comune ed accessibile. Difatti,
oggi è possibile esperirle sotto forma di tecnologie 3D
specificatamente nate per il web, come il Virtual Reality Modeling
Language (VRML), Java3D, ecc.
Come abbiamo già riportato poco sopra, anche il linguaggio
può costituire un veicolo per la trasmissione di informazioni
spaziali. Anzi, a volte dobbiamo necessariamente fare affidamento
sul linguaggio scritto o parlato. Non sempre, difatti, è
possibile rappresentare graficamente lo spazio, gli oggetti che
abitano lo spazio, le distanze e le loro dimensioni. Un esempio
tipico è quello di dover fornire indicazioni sull’ubicazione
di un luogo potendo impiegare null’altro che le parole.
In questi casi cerchiamo di identificare dei punti di riferimento
che facilitino all’ascoltatore il compito di costruirsi
una mappa mentale da impiegare per la navigazione nell’ambiente
sconosciuto. Sulla strada, ad esempio, edifici, semafori e incroci
sono tutti elementi distintivi che, associati a particolari azioni
(per esempio, "gira a destra") facilitano la navigazione
fornendo informazioni specifiche su dove e quando queste azioni
devono essere eseguite.
Il web, malgrado possa essere dotato di rappresentazioni grafiche
bidimensionali e tridimensionali (peraltro molto complesse, come
nel caso delle simulazioni realizzante in VRML che affronteremo
tra breve), vive di parole. Il web altro non è che un ipertesto,
e il testo è l’elemento fondante delle pagine in
cui l’informazione (compresa quella architettonica) viene
trasmessa.
La comunicazione di caratteristiche spaziali attraverso il linguaggio
impone che percezione e linguaggio siano coordinati: a relazioni
spaziali presenti nell’ambiente devono corrispondere parole
che descrivono quelle relazioni all’interno di una rappresentazione
mentale (Carlson-Radvansky e Irwin, 1993).
In generale, nella letteratura psicologica la relazione tra linguaggio
e percezione è stata affrontata partendo da due opposte
prospettive: l’uso abituale di uno specifico linguaggio
dirige l’attenzione degli esseri umani verso quegli aspetti
del mondo catturati dalle categorie linguistiche impiegate (Whorf,
1956), oppure esistono categorie percettive universalmente condivise
che limitano il campo delle categorie linguistiche possibili (Kay
e McDaniel, 1978). Non è possibile in questa sede affrontare
le implicazioni di queste due prospettive, ma è importante
notare come le espressioni che fanno riferimento a relazioni spaziali
siano in qualche modo sedimentate nel nostro linguaggio. Spesso,
queste relazioni spaziali (per esempio, “sopra”) sono
ambigue perché possono essere definite in funzione di varie
fonti di informazione. A volte queste fonti sono conflittuali
perché dipendono dalla posizione dell’osservatore
e, quindi, dal sistema di riferimento che l’osservatore
impiega: assoluto (rispetto alla gravità terrestre), relativo
(rispetto al corpo dell’osservatore), oppure intrinseco
(rispetto all’orientamento di un oggetto preso come riferimento).
Tutti questi sistemi di riferimento sono attivi allo stesso momento
prima che ne venga selezionato uno e dunque sono potenzialmente
in conflitto l’uno con l’altro (Carlson-Radvansky
e Jiang, 1998). Il processo di attivazione è automatico
ed è seguito dalla selezione di un solo sistema, ma in
ambienti dove le regole di funzionamento del mondo reale cessano
di avere valore o dove non è possibile impiegare tutti
gli indizi che inconsapevolmente utilizziamo per rendere efficace
la nostra prestazione, il conflitto tra rappresentazioni potrebbe
rimanere irrisolto, prolungarsi oltre misura, oppure portare alla
selezione del sistema di riferimento sbagliato.
Ambienti
Virtuali
Il conflitto tra sistemi di riferimento non è ovviamente
limitato al linguaggio, ma coinvolge anche e soprattutto i meccanismi
che sottendono l’esecuzione di azioni nel contesto di uno
spazio tridimensionale che percepiamo come unitario, ed è
in realtà elaborato da sistemi neurali distinti, ognuno
specializzato in funzione del tipo di azione che è possibile
compiere in una particolare regione dello spazio. Per esempio,
lo spazio in cui possiamo manipolare oggetti (peri-personale)
è funzionalmente differente da quello che si trova al di
là della nostra presa (extra-personale) (Previc, 1998).
Anche in questo caso, non è possibile inoltrarsi ulteriormente
nella discussione, ma è importante notare la rilevanza
delle specializzazioni funzionali nella progettazione di ambienti
virtuali che consentono di agire all’interno di uno spazio
architettonico simulato.
La possibilità fornita dalle nuove tecnologie di “navigare”
lo spazio architettonico in maniera congruente con la locomozione
è offerta dal VRML (figura 1). A dire il vero, come notato
da Carey e Bell (1997), il VRML non è propriamente “realtà
virtuale”. La realtà virtuale tipicamente implica
un’esperienza tridimensionale immersiva e l’impiego
di dispositivi di input 3D (gli Head-Mounted Display, per esempio),
mentre il VRML non presuppone immersione, malgrado non la precluda.
Il
VRML è stato impiegato per riprodurre una grande varietà
di artefatti e ambienti e permette l’esplorazione in diverse
modalità tra le quali la locomozione (walk) è quella
di maggiore interesse in questa sede. Gli utenti possono esplorare
un edificio realmente esistente o in fase di progettazione e quindi
beneficiare di una rappresentazione tridimensionale, dinamica
e, soprattutto, interattiva. Il VRML e tecnologie affini sono
piuttosto diffuse nel settore della compravendita immobiliare
e strumenti specifici per il prototyping rapido (figura 2) sono
oggi a disposizione di professionisti che vogliono impiegare questa
tecnologia per negoziare con il cliente diverse soluzioni in tempo
reale e senza rendering complicati e dispendiosi.
Lo
scopo di questo lavoro è essenzialmente esplorativo e le
prospettive psicologiche riportate nella sezione precedente costituiscono
un punto di partenza per riflessioni future. Un aspetto di particolare
rilevanza da affrontare immediatamente è lo stato dell’arte
in questo specifico settore. In particolare, riteniamo fondamentale
stabilire 1) quali siano le modalità più comuni
per fare comunicazione architettonica; 2) se e come la diffusione
capillare delle tecnologie informatiche abbia modificato la tradizionale
divulgazione dell’ambientazione architettonica; 3) se esiste
un uso diffuso di modelli tridimensionali interattivi. L’indagine
riportata di seguito, nella sua semplicità, fornisce alcune
risposte a queste domande e costituisce la prima fase di una più
ampia ricerca attualmente in corso.
Materiale
e metodo
Novantanove siti nazionali e internazionali selezionati tra quelli
con miglior ranking nei principali motori di ricerca sono stati
inclusi nell’indagine. I siti sono stati selezionati anche
in funzione della macro-area tipologica d’informazione architettonica
cui facevano riferimento:
- area informativa (33 siti): webzines, archivi digitali, banche
virtuali di progetti ed ogni attinente servizio informativo, anche
di carattere tematico;
- area istituzionale (33 siti): istituti, associazioni, enti,
università ed ogni sito web rappresentativo di una comunità
ufficiale ed avente una forte pertinenza pubblica;
- area professionale (33 siti): siti di studi professionali di
architettura e singoli architetti.
I siti sono stati analizzati in funzione della presenza/assenza
delle seguenti fonti di informazione architettonica:
- disegni e schizzi
- fotografie
- video
- scenari 3D statici
- scenari 3D dinamici
È stata inoltre registrata la presenza/assenza di animazioni
(Macromedia Flash, per esempio) anche se non pertinenti con la
comunicazione prettamente architettonica.
Risultati
e discussione
Accanto al materiale testuale (contenuti delle pagine e documentazione
stampabile sotto forma di file di testo, pdf, ecc.), l’uso
dell’immagine fotografica nella descrizione di un manufatto
architettonico è praticamente imprescindibile nella quasi
totalità dei siti analizzati. Solo il 3% dei siti, difatti,
non presentava immagini. In un unico caso, si è riscontrata
la scelta di affidare la narrazione dello spazio architettonico
esclusivamente a schizzi di segno grafico, privi di connotazioni
cromatiche. In generale, Il 65% dei siti impiegava disegni. In
circa la metà dei siti considerati, è stata registrata
la co-presenza di immagini fotografiche e disegni classificabili
come rappresentazioni prospettiche di tipo strettamente tecnico
(planimetrie, piante, prospetti, sezioni, assonometrie, planivolumetrie,
prospettive) o composizioni grafiche comunque riconducibili a
classiche riproduzioni spaziali architettoniche, come lo schizzo
e la vista a volo d’uccello. Tali disegni, talvolta, erano
caratterizzati da una colorazione funzionale o pittorica. Poco
meno della metà dei siti esaminati ricorreva ad immagini
statiche derivate da software di modellazione grafica in 3D e
sofisticate applicazioni CAD (figura 3).
Soprattutto nel caso dei siti appartenenti all’area informativa,
ma in parte anche di quelli inclusi nell’area istituzionale,
questo tipo di modalità comunicativa, è comunque
da ascriversi principalmente ad una pura mutuazione di informazioni
visive, semplicemente consequenziali alle nuove forme di progettazione
architettonica assistita. Questo risultato è coerente con
l’osservazione di De Luca e Nardini (2003) che “la
diffusione di potenzialità tecniche nuove, offerte dall’utilizzo
del computer nella progettazione [implica] modalità ed
espressività del progetto d’architettura in tutto
o in parte dissimili rispetto all’immagine consueta di progetto”.
Parte delle immagini d’architettura a carattere simulativo
fruibili attraverso il web sono, quindi, strettamente correlate
agli stessi processi progettuali da cui sono generate ed includono
un’implicita, quasi involontaria, comunicazione concettuale
ed un inedito potenziamento della percezione realistica dell’oggetto
architettonico. Da non confondere con la semplice applicazione
del rendering quale strumento di chiarificazione tridimensionale,
ad un progetto sviluppato mediante criteri tradizionali.
Inoltre affiora, sebbene non ancora pienamente percepita, una
subliminale commistione di tecniche di comunicazione e rappresentazione
provenienti dai più diversi ambiti professionali, sostenuta
da una parallela e sensibile contaminazione di settori disciplinari
contigui. Ciò appare palese, in particolare, nei siti del
campione in esame afferenti all’area professionale: in essi
si avverte una strutturazione comunicativa che trae sostanza da
molteplici suggestioni contestuali, riferibili all’ambito
della pubblicità commerciale, del cinema e dell’arte
in genere. Si tratta, infatti, dei siti in cui si afferma, in
maniera più decisa e frequente, la volontà di catturare
l’attenzione dei fruitori, attraverso complesse animazioni
Macromedia Flash, in alcuni casi anche di spessore metaforico
e concettuale, e, più raramente, con l’ausilio di
brevi, ma talvolta suggestive, animazioni architettoniche tridimensionali.
Nelle tre macro-aree tipologiche esaminate solo il 6% dei siti
includeva video digitali ed è risultata irrilevante l’adozione
di tecnologie 3D che permettano l’esplorazione virtuale
dello spazio progettuale, sia esso costruito o ancora in nuce.
Questa carenza è forse connessa a difficoltà tecniche
di implementazione o a sfiducia verso una tecnologia che soffre
ancora dell’incompatibilità tra i browser, dei tempi
di caricamento lunghi, nonché della difficoltà d’uso
da parte degli utenti finali.
Conclusioni
Malgrado la scarsa diffusione tra i siti di settore, l’uso
di tecnologie 3D in grado di veicolare contenuti di tipo artistico
e architettonico è sempre più diffuso (la nascita
di numerosi spazi espositivi virtuali ne è un chiaro esempio).
Tuttavia, l’impiego di tecnologie può anche inavvertitamente
costituire un ostacolo per una corretta fruizione dell’ambiente.
Recentemente, molti contributi scientifici (nonché direttive
comunitarie) hanno contribuito a stabilire alcuni criteri di usabilità
e accessibilità delle tecnologie per favorire soggetti
svantaggiati come gli utenti inesperti ed i portatori di handicap.
La progettazione di ambienti virtuali necessita di analisi approfondite
sui compiti che gli utenti dovranno eseguire in quegli ambienti.
Tali analisi risultano indispensabili per garantire la soddisfazione
degli utenti. Diverse informazioni possono essere utilizzate a
tale scopo. Per esempio, il profilo dell’organizzazione,
il profilo dell’utente tipo, come pure il profilo del compito
(in particolare, il tipo di attività in cui gli utenti
verranno coinvolti).
Dal momento che risulta improbabile che una rappresentazione riesca
a riprodurre nel dettaglio gli artefatti originali, è indispensabile
individuare gli aspetti essenziali per una prestazione efficace
ed efficiente. Alcuni di questi aspetti fanno riferimento alle
richieste di tipo percettivo che il compito impone all’utente
(per esempio, l’uso di indici di profondità, ma anche
un carico percettivo limitato per una migliore esecuzione del
compito). Altri aspetti riguardano necessità più
propriamente cognitive. Oltre agli aspetti relativi all’uso
di sistemi di riferimento multipli, una particolare classe di
fattori cognitivi fa riferimento alle dimensioni impiegate dagli
utenti per la valutazione dell’usabilità (Di Nocera,
Ferlazzo e Renzi, in corso di stampa).
Infine, una navigazione efficace necessita di una congruenza tra
le azioni eseguite dall’utente e gli effetti attesi sul
sistema. Il sistema deve dunque essere in qualche modo fedele,
anche rispettando le leggi fisiche del mondo reale, oppure evitando
di fornire indizi fuorvianti. Come riportato da Jean Nouvel (Baudrillard
e Nouvel, 2000), “innumerevoli luoghi possiedono un’estetica,
senza che siano stati inventati da una precisa volontà
estetica” (p. 17). Allo stesso modo potremmo dire che innumerevoli
luoghi, forse tutti i luoghi, possiedono opportunità per
l’azione, anche quando non sono stati progettati perché
una specifica azione avesse luogo. Siamo noi a cogliere queste
opportunità, approfittando di affordances involontariamente
emergenti dal progetto e che prendono forma nell’artefatto.
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Milano: Mondatori Electa, 2003).
Carey, R., e Bell, G. (1997). The Annotated VRML 2.0 Reference
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Di Nocera, F., Ferlazzo, F., & Renzi, P. (in corso di stampa).
L’usabilità a quattro dimensioni. Ricerche di Psicologia.
Picardi, E. (2000). Introduzione all’edizione italiana di
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Previc, F.H. (1998). The neuropsychology of 3-D space. Psychological
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Saggio, A. (2003). Nuovi Spazi e Nuove Sfide per la Costruzione
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Verona.
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