Sette parole per domani

A. Saggio, INARCH-ROMA 15 marzo 1999
 
 

    
InArch
 

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(con filmati in Inglese).

Lo scritto che è derivato da questa Conferenza è "Nuove Sostanze"

Sette parole per domani

La conferenza prende in esame una serie di tendenze, idee e concetti dell'architettura contemporanea. La riflessione sarà articolata attorno una serie di parole chiave.
A commento sarà proiettata una selezione di opere di architettura degli ultimi anni con realizzazioni di Frank Gehry, Zvi Hecker, Peter Eisenman e altri progettisti.
Lo scopo della conferenza è da una parte cercare di capire il "come", dall'altra mettere a fuoco "i perché" di una fase nuova della ricerca architettonica.
Dietro le forme ci sono, infatti nuove sostanze.
La prima è una nuova cognizione della frammentarietà dei paesaggio metropolitano, che è insieme occasione e ragione di molti progetti di oggi.
Le "brown areas"o aree dismesse, sono uno dei temi fondamentali di questi anni e non deve stupire che esista una ricerca estetica ad esse congruente e conseguente. Una ricerca che si basa sulle caratteristiche di frammentarietà, perifericità e vitalità di questi nuovi luoghi contemporanei. Che li trasforma, come ha sempre fatto la vera architettura, in nuovo sentire estetico.
La seconda sostanza è quella che concepisce lo spazio "come sistema" e non come un meccanismo che riguarda solo l'intemo dell'edificio. Spazio come sistema vuol dire pensare in un insieme strettamente cospirante la relazione dei corpi e tra i corpi in cui si frammentano gli edifici.
Non perché questo "piace", ma per permettere allo spazio urbano di essere vivamente partecipe di un rapporto mutevole e continuamente allacciato tra architettura dell'edificio e intorno.
L'ultimo aspetto delle nuove sostanze è l'informatica. Che non vuol dire tanto, ormai nessuno banalizza più sino a questo punto, che oggi "si disegna al computer", quanto che viviamo in una fase di cambiamento epocale. Le aree si liberano, si cerca un rapporto più stretto con l'ambiente, si pensa alla architettura come ibridazione tra natura, paesaggio e tecnologia, si cercano spazi come sistemi complessi sempre più interagenti perché siamo nella Rivoluzione  Informatica ha cambiato e sta cambiando il nostro essere al mondo ed ha aperto nuove possibilità al nostro futuro.
 


Appunti della conferenza
 

Innanzitutto non leggerò un testo già preparato.

Non vorrei che questo appaia come una mancanza di rispetto per l'Inarch e per il prof. Zagari che mi ha caldamente invitato e meno che mai per voi che siete qui stasera.

Il fatto di parlare e non di leggere ha per me un alto valore simbolico.

Perché quando si parla siamo noi stessi che ci mettiamo in gioco, in qualche modo è veramente tutto quello in cui noi crediamo. Sono i nostri pensieri, le nostre idee, la nostra stessa coscienza che parla.

Esiste solo il presente diceva parecchi secoli fa Sant'Agostino. Il passato come lo viviamo e ricordiamo nel presente, il futuro come lo immaginiamo nel presente e soprattutto il presente presente. Noi qui ora che parliamo e pensiamo.

Ora pensando a una conferenza noi possiamo pensare ad alcune memorabili cui abbiamo assistito e ancora di più a quelle che ci hanno raccontato.

Pensiamo dunque in Primis a Persico. "Profezia dell'architettura". Ora la grandezza di Persico non sono gli scritti, la grandezza di Persico è la parola il suo modo incredibile di incidere sugli altri.
 

In Persico in Pagano in Terragni in Venturi in Argan in Giolli vi era il sentimento verso nuove sostanze che legittima il rinnovamento. Uno spirito che facesse uscire l'Italia dai suoi provincialismi che la facesse avanzare tecnicamente, socialmente esteticamente insieme. Un senso profondo di avvicinamento di questa penisola all'Europa che non la relegasse nei suoi sogni metafisici classicheggianti mediterranei autoctoni ma la facesse parte di un insieme di rinnovamento di cambiamento di aggiornamento.

Insomma c'è la tensione alla modernità, alla trasformazione della crisi in valore
 

Quali, oggi, sono le nuove sostanze.?

1. In parte l'ho riassunto già. Il tema di fondo, di questa conferenza a mio avviso, è che il rinnovamento dell'architettura che stiamo vivendo non è solo e tanto un problema di gusto, di nuovo moda, di linguaggio. Lasciamo questo facile argomentazione e i vari epiteti che si possono attribuire al rinnovamento a chi occupa le pagine di "Repubblica" oggi come Ugo Ojetti faceva con "Il Corriere della Sera" negli anni trenta. Cioè con una cecità di fondo rispondo ai nuovi temi e problemi che investono il mondo contemporaneo e utilizzando la stampa e la posizione di prestigio guadagnata nella società per un coacervo di interessi, per lo più personali.

Il fatto è che dietro il rinnovamento dell'architettura ci sono nuove sostanze che sono sostanzialmente tre.

La prima è una nuova cognizione della frammentarietà del paesaggio metropolitano, che è insieme occasione e ragione di molti progetti di oggi. Le "brown areas" o aree dismesse, sono uno dei temi fondamentali di questi anni e non deve stupire che esista una ricerca estetica ad esse congruente e conseguente. Una ricerca che si basa sulle caratteristiche di frammentarietà, perifericità e vitalità di questi nuovi luoghi contemporanei. Che li trasforma, come ha sempre fatto la vera architettura, in nuovo sentire estetico.

La seconda sostanza è quella che concepisce lo spazio "come sistema" e non come un meccanismo che riguarda solo l'interno dell'edificio. Spazio come sistema vuol dire pensare in un insieme strettamente cospirante la relazione dei corpi e tra i corpi in cui si frammentano gli edifici. Non perché questo "piace", ma per permettere allo spazio urbano di essere vivamente partecipe di un rapporto mutevole e continuamente allacciato tra architettura dell'edificio e intorno.

L'ultimo aspetto delle nuove sostanze è l'informatica. Che non vuol dire tanto, ormai nessuno banalizza più sino a questo punto, che oggi "si disegna al computer", quanto che viviamo in una fase di cambiamento epocale. Le aree si liberano, si cerca un rapporto più stretto con l'ambiente, si pensa alla architettura come ibridazione tra natura, paesaggio e tecnologia, si cercano spazi come sistemi complessi sempre più interagenti perché siamo nella Rivoluzione Informatica che ha cambiato e sta cambiando il nostro essere al mondo ed ha aperto nuove possibilità al nostro futuro.

Per parlare di queste sostanze per inquadrarle in un discorso, per aiutarvi a fare mente locale la mia argomentazione passa per Sette parole.
 
 

1, Architettura terapeutica

2, Imprinting

3, Vibrazione

4, Fluidità

5, Urbanscape

6, Spazio come organo vs Spazio come sistema

7, Interconnessioni dinamiche
 

Cioè AI FLUSSI

A archit terapeutica

I imprinting

F Fluidità

L librare vibrare

U urbanscape

SS spazio sistema

I interconnessione


 

Prima ne discuteremo, dopo vedremo delle immagini
 
 

1, Architettura terapeutica

Esistono studi che dimostrano che l'architettura può avere virtù terapeutiche. È possibile fare architettura dove la gente guarisce, e guarisce per l'architettura.

Noi vogliamo fare un luogo dove la genti si innamori di quello che fa. . Senza questo spirito che è la base stessa dell'architettura, la sua sostanza etica, tutto il resto è secondario.

2, Imprinting

Dobbiamo a questo punto inserire il concetto di Imprinting. E cioè la teoria che nei primi anni di animali, esseri umani, civilizzazioni , insomma nelle infanzia anche della nazioni, si segnano dei pattern; delle modalità di relazione con il mondo che poi permarranno e segneranno l'evoluzione successiva di quegli esseri e di quelle civiltà.

Possiamo pensare all'Italia chiedendoci se le tre macroregioni Padania, Etruria e Magna Grecia hanno un imprinting architettonico.

Al Sud esiste una presenza - forse sotterranea, forse solo sentita - di un fare greco per pieni, per volumi puri che, agganciati al suolo irregolare, elevano masse frastagliate. Un canto al cielo, una luce che taglia ombre nette, ma anche un continuo procedere per sorprese, un salire e scendere, girare attorno e mai in asse. Il paesaggio vince sull'architettura, la comanda ma ne ha bisogno come un necessario controcanto. Messina, adagiata sulla stretta piana tra i Peloritani e il mare, Palermo, città "tutta porto" sotto il monte Pellegrino o Catania, osservata in ogni suo angolo dal gigantesco Etna esaltano il paesaggio come la cattedrale federiciana del colore della rocca rossa di Cefalù, il teatro appoggiato sul declivio e che si apre sul golfo oppure i templi che mandandosi l'un l'altro silenziosi messaggi, ci fanno guardare il cielo e il mare.

Il simbolo di questo sentire è la Villa Malaparte di Libera a Capri, ma anche le nuove opere a Cefalù, a Poggioreale, a Sciacca, a Gibellina nuova. È possibile lavorare attorno a questo fare scultoreo, a frammenti asimmetrici e angolati, a camminamenti interrotti, a masse tutte colorate contro il cielo, a una combinazione mai mimetica con il paesaggio che rammemori l'infanzia greca ma con la cifra di uomini e architetti di oggi. Attraverso l'accettazione quindi di contaminazioni tra la storia personale, quella universale e internazionale dell'architettura e quella della terra.

Per chi operi nel territorio di Roma, credo, qualsiasi sfida di architettura deve nascere da una consapevolezza della sua diversa specificità: da una lettura profonda, da una reale simpatia con la sua lezione. Come non pensare a Ludovico Quaroni e al suo indimenticabile e appassionato ritratto-progetto?. L'imprinting a Roma non è scultoreo e greco ma è etrusco: quello delle necropoli scavate nella roccia, dell'organico combinarsi tra natura e architettura. Ma Roma è anche città storica per eccellenza (come Parigi è città di cultura, Los Angeles di velocità, New York di cosmopolitismo). A Roma storia vuole dire stratificazione, accumulo, riuso sulle tracce della civilizzazione precedente, palinsesto, compresenza di natura e architettura di oggi e di ieri. Quest'idea a volte è stato tradita nei secoli, ma altre volte è stata capita ripresa, coltivata. Piranesi è il simbolo di tale consapevolezza, ma anche alcuni progetti di oggi, sino a quella grande idea di Piccinato del Parco archeologico dell'Appia: un misto di ruderi, natura, paesaggio, architettura che fa penetrare la linfa del territorio fino al cuore stesso della città.

Per questo penso - come Giuseppe Pagano, - che l'Eur celebrato nelle superficiali visite dei nostri ospiti americani, insieme magari alla sistemazione dell'Augusteo o alla via della Conciliazione, sono madornali errori. È una Roma da operetta, da falsa parata fascista e monumentale che nulla, veramente nulla, ha con la vocazione profonda di questa città.

La Padania mi appare un contesto geografico e storico che dai tempi del cardo e decumano dell'urbanesimo militare romano non può più sfuggire all'idea di città: sino ad oggi l'architettura al Nord sembra essere prefigurazione di un'idea urbana come se la memoria della fondazione ex novo non possa che essere ogni volta riproposta, ripensata anche nei più piccoli manufatti. L'architettura-città tende a dominare la natura, anche nei contesti dove essa è ricca: la cupola della Salute vince sul Canal Grande, la griglia romana proiettata sul fronte della Casa del fascio domina le vette di Brunate. la Casa del fascio di Terragni di questa impostazione "tutta artificiale" è il simbolo.

Questo senso è fortissimo in tutto il nord e in, part è forte anche a Venezia. Che domina struttura industrializza razionalizza, a cominciare dalla posizione difensiva il paesaggio.

Basta guardare le zone industriali come ce ne sono tante vedi Mulino Stucky e il persistere di questa impostazione nel complesso residenziale di Valle alla Giudecca.
 
 

3,4 Vibrazione - Fluidità

Qui passa il grande tema del nuovo rapporto con la natura con la lettura della natura come grande orizzonte della ricerca architettonica contemporanea.

Noi abbiamo in Italia molti esempi ma uno è tornato di grande attualità che è quello di Venezia.

Venezia divide l'imprinting artificiale di tutto il nord e un assunto suo proprio. Non Una ma due cupole scarpa Le Corbusier

La Vibrazione rimanda evidentemente alla presenza dell'acqua come medium stesso dell'architettura. Un acqua presente che diviene necessario elemento della vibrazione atmosferica e che apre al grande tema della fluidità delle forme e degli spazi.

A questo punto è interessante studiare un progetto

La vibrazione usata nell'Aronoff center a Cincinnati evidentemente ha a che vedere con il tema del movimento, una delle ricerche portanti dell'architettura di questo secolo. Ne sappiamo tutti almeno una risoluzione: quella di Gropius, Wright, Mies (la rottura della cornice prospettica, la scomposizione cubista, l'astrazione neoplastica, la disposizione centripeta, la trasparenza). Ma sul movimento l'Eisenman maturo ("maturo" perché giovane avena praticato la via neoplastica sino all'ossessione) scopre una strada eccentrica. È quella di Balla e di Duchamp. Si ricorderà il Dinamismo di un cane al guinzaglio di Giacomo Balla (1911) o almeno il Nudo che scende le scale di Marcel Duchamp (1912-1916). Sono opere che affrontano il tema del movimento non via la scomposizione cubista, ma attraverso una serie di sovrapposizioni della figura come in un fotogramma scattato con un tempo troppo lungo. I singoli movimenti sono sovrapposti (in Balla, per la verità, sono anche "sfocati"). Il risultato è che la forma base vibra nell'atmosfera attraverso un moto ondulatorio, oscillante.

La vibrazione è una tecnica di straordinario interesse rimasta muta per ottanta anni in architettura, sino a quando Eisenman la adotta in un piccolo progetto di casa: la Guardiola a Santa Maria del mar, sulla costa spagnola di Cadice. In questo piccolo capolavoro, mai costruito, fa reagire molteplici suggestioni, ma la principale consiste proprio nel fare dondolare in pianta sezione e alzato una geometria a "L" di base. Attraverso questi movimenti si vengono a creare a volte con l'incastro altre con la sottrazione altre con l'intersezione gli spazi, si forma il percorso che attraversa scendendo la costruzione e nasce, soprattutto, una nuova estetica.

Ora torniamo a Cincinnati, e guardiamo l'opera sotto questa luce. Come sappiamo Eisenman ha a disposizione un edificio da ampliare, e un campus in cui inserirsi. Ma ha soprattutto la consapevolezza che la vibrazione è un'arma importante nel concepire l'architettura e che è proprio attraverso la vibrazione che si possono creare rapporti, metaforici o reali, con il contesto. Il progetto, doveva rispondere a una doppia esigenza: riorganizzare gli spazi della facoltà esistente e poi edificare altre attrezzature (biblioteche, sale mostre, teatri studi uffici) che ne raddoppiasse quasi la superfici utile. La prima idea è relativamente semplice. Alla struttura dell'edificio esistente, che si muoveva funzionalisticamente a zigzag sul terreno, viene aggiunta una struttura ad andamento ondulato che contiene le nuove attrezzature. Ma l'idea geniale consiste nell'applicare la tecnica della vibrazione simultaneamente al nuovo fabbricato e a quello preesistente. Entrambe le geometrie di base vengono duplicate e ruotate con la tecnica del cagnolino di Balla. Nasce un moto ondulatorio doppio: uno più geometrico (quello del vecchio edificio) l'altro più fluente determinato dalla curva in cui si organizzano le nuove funzioni. Apparentemente una pura follia, ma il risultato è di sconvolgente novità e di grande interesse perché queste due geometrie, giocando di nuovo con incastri sottrazioni e intersezioni dettano la conformazione degli spazi, dei volumi e delle stesse geometrie terrazzate o vegetali che si proiettano nel sito. Il progetto sembra un Ying/Yang , il simbolo orientale dell'amore, che fa fremere le forme una sull'altra in un incessante moto ondulatorio. La forma zigzagante e appuntita e quella flessuosa si abbracciano muovendosi nello spazio, come in un ballo sudamericano.
 
 

5, Urbanscape

La parola è un mio neologismo che elabora la teoria del cheapscape di Gehry.

Sul finire degli anni Settanta Gehry scopre le potenzialità di un paesaggio secondo e rimosso. Quello delle periferie derelitte e abbondante, dei materiali poveri e non trattati. Crea le sue opere attraverso le tecniche dell'assemblaggio e del collage e dà corpo a un estetica diversa e dirompente che guarda all'espressionismo americano e al fronte duro della Pop art.

Questa attenzione ai paesaggi secondari e abbandonati negli anni successivi si evolve da tema estetico appartenente alla sfera edilizia a una vera e propria nuova attenzione urbana. A Bilbao è lui che sceglie un'area periferica e abbandonata per il suo progetto. La chiama un'intersezione urbana. Qui realizza le forme del suo museo che prima di una ragione plastica ed espressiva hanno la propria ragione d'essere come conformazione spaziale dell'ambiente urbana. I suoi volumi creano infatti spazi per la città: piazze, percorsi, banchine attrezzate, vasche di acqua e sono vissute intensamente a tutte le ore. La sua opera è prima di tutto un episodio urbano, di arricchimento spaziale e funzionale della città ed è la scoperta e la messa a valore di nuove potenzialità. Di un concetto di urbanità attraverso l'architettura - urbanscape, appunto -intimamente connesso alla scoperta del valore espressivo di aree marginali e rimosse attraverso categorie che sfuggivano alle interpretazioni tipo-morfologiche dell'analisi urbana degli anni Settanta.

6, Spazio come organo-vs Spazio come sistema

Spazio organo vs Spazio sistema apre per me un grosso tema. Un amico parlando di questi progetti, si, e mi, domandava: "Ma, insomma, in questi progetti non ci sono più spazi interni!. Non ci sono più, non si raffigurano più?" L'osservazione è evidentemente importante, perché alcune idee rispetto al passato, si sono effettivamente ribaltate. Per cercare di argomentare una riflessione ci vuole qualche minuto e una, sia pur breve, digressione.

Molto si basa sulla parola funzione. Parola che è alla base del modo di fare architettura basato appunto sul Funzionalismo. Ora se voi chiedete a un architetto un sinonimo di funzione 90 casi su 100 dirà "uso". Se voi chiedete ad un non architetto difficilmente vi dirà uso ma ricorrerà ai termini listati dallo Zingarelli tra cui, tra parentesi, non c'è uso ma mansione, rito, ruolo, espressione matematica eccetera. Perché noi usiamo la parola funzione in questo modo?

Ma perché noi siamo cresciuti su un sentire degli anni Venti e della Nuova Oggettività in cui si sostiene che c'è un rapporto diretto tra uno spazio quindi un "organo spaziale" e la sua funzione. Non a caso il significato di funzione più vicino al nostro di architetti è quella della medicina tradizionale che sostiene che a un organo è legata una determinata mansione. Sappiamo da altre medicine e da altre culture che questo non è così assolutamente tassativo. Tanto è vero che si può operare su un alluce, per guarire e stimolare tutt'altro.

Inoltre noi siamo stati educati come progettisti, e a maggior ragione le generazioni immediatamente precedenti alla nostra, sulla convinzione che la funzione di uno spazio in qualche modo si rappresenti, si riveli all'esterno. Ecco perché il centro della critica era lo spazio interno, l'idea dello spazio interno come motore dell'architettura. Ora questa idea si è modificata, si è molto arricchita. È arrivata in questi ultimi dieci-quindici anni una concezione spaziale che ha come motore la conformazione dello spazio pubblico.

Perché parliamo tanto di paesaggio come metafora fondamentale dell'architettura? Perché il problema dell'articolazione delle scene spaziali a partire anche dagli spazi esterni è diventato il centro; perché si è innescata una dialettica, che prima non c'era con questa evidenza, tra conformazione degli spazi interni e conformazione degli spazi esterni in un sistema diciamo di complessità maggiore rispetto a prima.

È una consapevolezza che ho riassunto in questa formula Spazio organo vs Spazio sistema che viaggia in una profonda rivalutazione e ricollocazione del nostro modo di essere nel mondo. Non è infatti un problema puramente di architettura.
 
 

7, Interconnessioni dinamiche

E qui veniamo all'ultima parola chiave. Interconnessioni dinamiche. Lo spazio sistema è il simbolo del nostro modo diverso di essere nel mondo proprio perché siamo in un'epoca di rivoluzione. Noi siamo nell'epoca della Rivoluzione informatica. Ne siamo completamente avvolti in questo momento, consapevoli o meno ciascuno di noi lo sia.

Facciamo ancora un passo indietro. Perché il problema della funzione si poneva come l'ho descritto precedentemente? Perché questa idea era il simbolo stesso del meccanismo della produzione industriale. L'idea dell'organo che doveva assolvere una determinata specifica funzione Per il meccanismo della produzione industriale tutto doveva essere oggettivo, assertivo, "causa-effetto". Noi siamo in un epoca storicamente diversa. Il bene primario è l'informazione. I modi di produzione sono cambiati. I ricchi di una volta erano gli industriali, i ricchi di oggi non sono i produttori, neanche di hardware, ma di software o ancora di più del software del software. In questo quadro anche i messaggi sono diventati molto diversi molto più rapidi, molto più complessi e quindi invece che assertivi essenzialmente metaforici.

Ma proprio perché siamo in un epoca di Rivoluzione cambiano i nostri rapporti prima di tutto con la natura. Avendo come orizzonte di produzione quello delle informazioni si riapre la grande possibilità storica di rapporto con la natura Una natura che si nasconde sempre, diceva Eraclito. Quindi, attenzione: il nostro modo di rapportarci alla natura non è quello floreale, liberty ma neanche quello di Aalto o dei maestri dell'organicismo. La nostra è una natura molto più complessa, molto più cattiva, molto più nascosta. Però c'è, e questo orizzonte si è potuto aprire grazie all'informatica e con essa nuovi rapporti di ibridazione tra natura e tecnologia, tra corpo naturale e artificiale. Interconnessioni dinamiche parla di questo e ne parla anche attraverso un pittore secondo me importante. A questo punto il mio discorso termina, vi torneremo con le immagini.
 
 

NOTE

1 Su Persico. Il continuo travaso della condizione Estetica in condizione Etica. Lo sciogliersi di una condizione estetica in etica

Persico scrive

"Non esiste che un problema di gusto. da un secolo la storia dell'arte in Europa non è soltanto una serie di azioni e di razioni particolari ma un movimento di coscienza collettiva. Riconoscere questo significa trovare l'apporto dell'architettura attuale. E non conta che questa pregiudiziale sia rinnegata da coloro che più dovrebbero difenderla, o tradita da chi più, vanamente la tema: essa desta lo stesso la fede segreta dell'epoca. "Sostanza di cose sperate".
 
 

"Il segno del suo passo faticoso rimase certo sulla neve dopo la morte veloce" SQ


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