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Bruno Zevi, io tu e il paesaggio

 

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Paesaggio Tra Tutela e Rappresentazione

 

Bruno Zevi

 

Almeno una volta Zevi mi disse "Bisognerebbe fare un libro su Olmsted"* vedi e io ricordo che spesso nella sezione Selearchitettura erano pubblicate opere di grandi architetti del paesaggio come Halprin vedi o Walker vedi o Schwartz vedi e certamente altri. Eppure nessun libretto della nuova universale di architettura fu dedicato ad un architetto del paesaggio. Se si vedono libri che Zevi curò negli ultimi anni della sua vita come "Linguaggi dell'architettura moderna" o il volume "Architettura e modernità" quasi nulla è dedicato ad architetti del paesaggio. In quest'ultimo volume Burle Marx è citato solo nella scheda della casa d Niemeyer (anche se certo di Burle MArx è dedicata almeno una storica "cronaca dell'Architettura" su "l'Espresso" e l'unico architetto del paesaggio che ha una scheda a se stante è Halprin (IIIº volume edizione rilegata Newton, 2000)

Ne consegue che Zevi ha trattato in maniera monografica di paesaggio o meglio di paesaggismo quasi solo nella relazione di Modena del 1997.

 

Uno dei punti chiave del pensiero di Zevi rispetto il paesaggio è quando riprendendo Cattaneo vede nella ciquella sorta di cultura diffusa che stabilisce una civiltà.

 

Questo è contenuto nel I° volume della edizione Newton Compton 2000 nella partr "Paesaggi e città" scrive a p. 227 :

"Ha ragione Carlo Cattaneo -scrive- quando afferma, nel famoso saggio del 1858, che la città è 'l'unico principio per cui possono i trenta secoli delle istorie italiane ridursi a esposizione evidente e continua'. Altrimenti, è il caos: 'senza questo filo ideale, la memoria si smarrisce nel labirinto di conquiste, delle fazioni, delle guerre civili e nell'assidua composizione e scomposizione degli stati; la ragione non può veder lume in una rapida alternativa di potenza e debolezza, di virtù e corruttela, di senno e imbecillità, d'eleganza e barbarie, di opulenza e desolazione: e l'animo ricade contristato e oppresso d'una tetra fatalità".

Di conseguenza, scrivevoestendedno questa caratteristica civile dalla città al paesaggio - "i paesaggi, gli insediamenti, gli ambienti, i monumenti architettonici, i tessuti formano una istoria "evidente e continua" da capire e sondare per rilanciarla come cardine di futuro e di progetto.

 

Ora focalizzandosi su Modena, credo che due questioni nascano

 

1. Quale era il centro della posizione di Zevi allora?

2. Come chi vi parlà interpretò quel suggerimento e come cercà di portare avanti il solco dcsvsto da Zevi?

 

prima di entrare nel merito credo che alcune ideea di larga massima su Zevi dovrebbero essere necessaria

Ho scitto molto su Bruno Zevi, anche quando era in vita. Ho collaborato strettamente negli ultimi cinque anni, dopo sua la morte curai molti intereventi e conferenze e continuai la sua attività editoriale nella Universale di Archittettrua.
Queste attività sono qui raccolte

 

Forse per dare un'idea molto sintetica ai nostri dottoandi ripercorrerei se il tempo ce lo permette questo intervento, molto sintetico sulla sua opera complessiva

Link i principi di Bruno Zevi

 

ed ora veniamo a noi

Innanzitutto ecco il testo

Ecco la riedizione in originale con le foto a colori.
la riedizione l'ho fatta per questa sessione del Dottorato.
Secondo me è importante perchè come sempre la parte iconografica è determinante negli interventi di Zevi
In questa riedizione ci sono praticamente tutte le diapositive che presentò a Modena.

scarica la riedizione in facsimile

 

il mio intervento a Modena

 

 

 

 

 

in questo testo

Antonino Saggio, «Il paesaggio “è” interpretazione, progetto, autoritratto»
in: Franco Zagari, Franco Zagari, Questo è paesaggio 48 definizioni, , Mancosu, Roma 2006 e 2012 pp. 246-248 Isbn 8867640771

è contenuta la mia definizione che successivamente ha superato diversi test

 

"Paesaggio è la rappre sentazione estetica, condivisa collettivamente e culturalmente, ma in costante evoluzione, di una parte del mondo."

"Landscape is the aesthetic representation, collectively and culturally shared, though still in constant evolution, of a part of the world."

 

 

 

 

 

L'equazione Zeviana sosteneva

 

Urbanistica uguale Mondrian

Paeseggistica Uguale Pollock

 

io credo invece

che entrambi possono creare un diverso progetto di paesaggio che in entrambi i casi può essere collectivamente condivisa.

 

 

Ma Zevi esattamente nel suo ultimo testo, pubblicato postuno che scrisse per inaugurare il congresso dell'InArch che avevamo disegnato con massimo Locci e Luigi prestinenza scrsse questo meraviglioso testo.

 

Prolusione al congresso In/arch 20 gennaio 2000

"Sono disponibili: – l’architettura “di sezione” di Alvar Aalto, con lo spaccato dell’aula magna esibito; – la scrittura di Jean Renaudie, che censura ogni angolo retto per accentuare l’interconnessione dinamica tra i vari ambienti; – i segni slabbrati e contorti, in perpetuo stato di ebollizione, di Reima Pietilä, che in Finlandia parla case popolari e residenze presidenziali con lo stesso linguaggio; – gli aggetti, i gusci, le membrane di Bucky Fuller, Pierluigi Nervi, Riccardo Morandi, Felix Candela e Sergio Musmeci; – gli intrecci tra strutture e luci di Guarino Guarini; – l’interpenetrazione di figure geometriche in Francesco Borromini; – i progetti “espressionisti” di Michelangiolo, specie le mura fiorentine del 1529; – l’anticlassicismo palladiano di Palazzo Valmarana, della Loggia del Capitanio, de “La Malcontenta” e del Redentore; – la sproporzione brunelleschiana nella cupola del duomo di Firenze, nei vuoti degli Innocenti, nelle colonne centrali e nei tronchi di trabeazione a Santo Spirito; – il travolgente raggiro di strade della Siena medievale, le piazze e quella del Campo; – le affaticate volte a crociera di Sant’Ambrogio di Milano, che bruciano impianti sostanzialmente bidimensionali; – il cosiddetto Tempio di Minerva Medica che offre un dialogo tra il dentro e il fuori premendo sui suoi nicchioni; – l’incredibile anticlassicismo dell’Eretteo nell’acropoli ateniese, con le sue sfasature altimetriche, la diversità delle sue facciate e dei suoi ordini, lo scarto dei suoi spazi; – infine, i vocaboli primordiali, il “menhir”, “il dolmen”, la caverna, il recinto, il villaggio. Tutto questo non è più “dato” che pesa e condiziona la fantasia architettonica. È un mondo da riscoprire in funzione della creatività moderna, quando e dove serve a stimolarla. Spente ed esaurite le ideologie, mancano i “manifesti” programmatici, sia individuali che collettivi. Persino un intellettuale come Peter Eisenmann rinuncia. Bernard Tchumi sembra essere sempre sul punto di emettere un manifesto, ma si ferma a tempo. Così Gehry e Libeskind, Hecker, Domenic e Behnish. Appelli come quelli della Secessione Viennese o del gruppo De Stijl sarebbero oggi inconcepibili. Perché oggi non si tratta di unificare le forze, ma al contrario di sconnetterle in omaggio alla diversità. Neppure un’associazione orientata come fu l’APAO, nell’immediato dopoguerra, sarebbe oggi calzante, quando l’obiettivo consiste nel disfare il vecchio più che nel produrre il nuovo. Per concludere, l’architettura che ci sta davanti riflette l’universo di Albert Einstein, Sigmund Freud, Carlo Rosselli, Arnold Schonberg, Frank Lloyd Wright. Dominando l’ideologia della cultura di massa, della standardizzazione, della prefabbricazione, “la sovranità dell’individuo” promulgata da Wright sembrava un concetto arretrato, ottocentesco, idillico ed evasivo. Con l’ideologia della classe operaia egemone, della dittatura del proletariato, della collettivizzazione dei costumi e delle coscienze, il messaggio liberalsocialista di Carlo Rosselli sembrava anacronistico e ritardatario. Non è stato così. Hanno vinto Wright e Rosselli, hanno perso i loro avversari. Pochi protagonisti hanno salvato il mondo e noi dobbiamo celebrarli.

Ho finito. Leonardo insisteva sulla necessità di tener conto delle nebbie, delle foschie, delle sbavature, delle albe, delle piogge, del clima ingrato, del caldo e delle nuvole, degli odori, tanfi e profumi, della polvere, delle ombre e delle trasparenze, degli spessori soffici e quasi sudati, delle evanescenze fuggevoli. Amici dell’In/arch, adesso l’architettura è attrezzata per captare tali valori."

 

Brunzo Zevi

Da qui si combina tutto un filone di altre riflessione che combina il paesaggio con quanto ci è presentato nel mondo iinformatico.

Come ovvio non ne tratto

Vi raccomando però due testi

Paola Gregory,
New Scapes,
"La rivoluzione Informatica" Birkhäuser e Testo Immagine 2003

e

Selenia Marinelli,
Hyper Natura la bio.informazione e le biotecnologie come nuove strategie di progetto,
Tutor: prof. Antonino Saggio Coll. Flaminia A3-bibliDP . - PDF

 

 

Nota

* Ho verificato i miei ricordi con l'architetto Maria Spina che era il coordinatore della collana che mi ha aggiunto «Sicuramente Zevi aveva fatto cenno a Olmsted e, quasi sicuramente, mi aveva detto di parlarne con Franco Zagari. Mi sembra anche di ricordare una telefonata in cui Franco disse che ci avrebbe pensato.
L'unica cosa di cui sono certa è che Zevi non ha mai parlato di una sezione "dedicata" (a me per lo meno non lo ha mai detto), ma tutto doveva rientrare nella sezione "Gli architetti".
»

A proposito dell'intervento del prof. Arturo Lanzani sul pensiero di
Giuseppe Dematteis

 

Un ampliamento interessante della questione del paesaggio deriva dagli studi di Giuseppe Dematteis analizzati nella relazione di Arturo Lanzani. Se ne desume che in questa interpertrazione il paesaggio non è solo o tanto "rappresentazione" (come non solo io ma soprattutto il geografo Mario Farinelli sostiene) ma si collega ad una fase pre-razionale, ad una sorta di "io narrante" che si inquadra nelle categorie fenomenologiche più che in quelle razionali. Naturalmente questa interpretazione a me piace e mi interessa. Fa pensare che l’idea del paesaggio toscano (per esempio) entri nel conscio attraverso una esperienza primigenia, certamente compiuta in anni infantili. Attraverso questa interpretazione il paesaggio diviene una sorta di “imprinting”. Se fosse così la definizione muterebbe profondamente

Paesaggio: gli aspetti estetici e percettivi dell’ambiente che sono percepiti in una esperienza a-razionale, già in anni infantili. Esistono così degli imprinting del diverso paesaggio nativo, vuoi le colline toscane, le rocce di Capri, i laghi finlandesi. In questa accezione il paesaggio è una esperienza primigenia che in fase adulta ispira atti creativi o politici e sociali per la sua salvaguardia.

 

 



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