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I Ciclo: L'impatto dell'informatica nella città e nella ricerca architettonica contemporanea. Il World Wide Web

Tesi: Perchè ci è voluto tanto tempo per riusciure ad affermare un nuovo pardadigma nell'architettura? Quali sono stati i rivoli, i tentativi, gli esperimenti che,  poi combinati insieme in maniera impensata e impensabile, hanno creato un nuovo pardadigma aindustriale e meccanico per l'architettura?

 

Quinta Lezione: La Lunga Crisi prima Parte

leggi con molt attenzione pagine 19-33 del libro

Architettura e Modernità


 

L'ampiezza della crisi alla nascita del Mondo industriale
 
 

1. Lo schema a priori Boullée/ Ledoux / Durand

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2. La logica della costruzione

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Chi è? che fa? che ponte è?

.....

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Decimus Burton e Richard Turnes, Serra a Kew 1844-48

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Ernest Flagg? singer bld. New York 1906-08

Dankmar Adler and Louis Sullivan / Prudential Building (formerly Guaranty Building) / Buffalo, New York / 1895-1896
photoNate Hofer

3. L'artigianato "totale"

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Phili Webb Casa Rossa 1859 ca

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Voysey disegno di tessuto 1889 ca

 

4. L'interscambiabilità e poi lo Stile

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Horta, Casa Van Eetvelde, Bruxelles 1897-1900
 

5. il Simbolo della contraddizione
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Stazione di Milano Inaugurata nel 1931 Arch. Ulisse Stacchini progetto 1912

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Stazione di Milano Inaugurata nel 1931 Arch. Ulisse Stacchini progetto 1912

()Michelucci Gruppo Toscano Stazione Santa Maria Novella)

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Monet Stazione Saint Lazare 1885 ca

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Fermenti Nuovi

I nuovParigi 1870ca

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Pisarro 1889 ca

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Paul Citroen, Metropolis

La Logica Seriale e quindi di nuovo A nalitica
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caillebotte frutta81

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 La Grande crisi della fotografia

Il mondo della crsi dell'Inurbamente e la situazione delle abitazioni

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La logica A

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Cezanne Montagna Saint Victoire 1895 ca
 
 

Verso l'I

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cezannedrappoA79
 

La  Cavaliera
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Cezanne Putto94.jpg

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Cezanne Le grande Bagnanti 1896.1906

Guarda il Video Johnny Cezanne per capire come la pittura
" C R E A "

la nostra idea di paesaggio

no Pa del B, Arte è D e quindi la Ar come N

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Picasso Demoiselles d'avignon 1907 ca

Domande o double check

4.

Che cosa è: Il panno della natura morta di Cezanne e perchè
A come cosa?
La stazione è simbolo di che?

Che tipo di logica si afferma? A sta per cosa. O meglio per quante cose

Quale è lo strumento che genera la crisi? Quale equivoco dipana la sua nascita?

Insomma alla fine quale è la grande "A" che attraverso Cezanne arriva alla costruzione estetica del movimento Moderno?

 

 

Approfondimenti a cura degli Studenti

AS

http://www.ted.com/index.php/talks/tim_brown_on_creativity_and_play.html

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saggio suggerisce, il designer Tim brown spiega come si ragiona sistematicamente nel desgin.. partendo dalle crisi, partendo dalle idee

Un buon software che consente la trascrizione dell'audio in un testo si Chiama Adobe SoundBoot, forse c'è una versione di prova. Ma oggi questo si fa tranquillamente nello stesso sistema operativo...

La catena di Vetro

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Come la linea di Van Velde torna ad influenzare la ricerca di oggi

Liakatas 2009

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Au fond de l'Inconnu pour trouver le nouveau!

On 20-03-2003 13:22, "marco" <marcolivieri@hotmail.com> wrote:

a proposito della lunga crisi dell'800 volevo condividere questa poesia di charles baudelaire Rêve parisien tratta da les fleurs du mal (prima edizione 1857)
Leonardo Benevolo cita questa poesia ne la città nella storia d'europa (laterza, 1993) : "baudelaire cerca una via d'uscita dallo spleen della città presente verso il passato, attraverso la memoria individuale, o verso il futuro, attraverso il meccanismo ancora più fragile del sogno. Nel Rêve parisien l'estraniamento è così acuto che sembra cogliere [.....] un frammento di futuro..."

E in effetti non ha forse Baudelaire indicato la strada da seguire?

"Au fond de l'Inconnu pour trouver le nouveau! " -in fondo all'Ignoto per trovarvi il nuovo!-

CII

SOGNO PARIGINO

di Charles Baudelaire

A Constantin Guys
 

Ancora stamane mi rapisce
l'immagine lontana ed esitante
di quel terribile paesaggio
che nessun uomo vide mai.

Il sonno è pieno di miracoli!
Per un strano capriccio,
avevo escluso da certe visioni
l'irregolare vegetale;
ed io, pittore fiero del mio genio,
assaporavo nel mio quadro
l'inebriante monotonia
dell'acqua, del metallo e del marmo.

Che Babele d'arcate e di scalee!
Che palazzo infinito
pieno di fontane e di cascate
su un oro opaco e brunito;

E che pesanti cateratte,
come cortine di cristallo,
stavano sospese, scintillanti,
lungo pareti di metallo.

Non alberi, ma colonne
circondavano stagni addormentati,
dove si specchiavano, come donne,
delle naiadi imponenti.

Distese azzurre d'acqua,
fra argini verdi e rosati,
coprivano milioni di leghe,
verso il limite dell'universo.

Erano pietre inaudite
e flutti magici; erano
specchi immensi abbagliati
da tutto quel che riflettevano!

Nel firmamento,
dei Gange incuranti e taciturni,
versavano i tesori delle loro urne
in abissi di diamante
Ed io, architetto delle mie fantasie,
facevo passare, a piacere mio,
sotto un tunnel di pietre preziose
 un oceano docile;

e tutto, anche il colore nero,
sembrava netto, chiaro, iridescente;
il liquido incastonava la sua gloria
nel raggio cristallizzato.

Altrove nulla, neanche in fondo al cielo
qualche stella o traccia di sole,
che illuminasse quei prodigi:
brillavano d'un fuoco proprio!

E su quelle meraviglie mobili
si librava (terribile novità!
tutto alla vista, nulla all'udito!)
un silenzio d'eternità.

II
Ho riaperto gli occhi pieni di fiamme
e ho visto l'orrore nella mia stamberga;
sono rientrato in me stesso ed ho sentito
la spina degli affanni maledetti.

La pendola dal rintocco funebre
suonava brutalmente mezzogiorno;
il cielo versava le sue tenebre
sul triste mondo intorpidito

In francese

Liberare l'anima

On 26-03-2003 1:08, "Massimo Fanasca" <maximo@mclink.it> wrote:

RIFLESSIONI suscitate dalla lettura dell'articolo "Dalla terra al CAD" del 16/12/2000 pubblicato in ARCH'ITSUL VALORE DELLA PROGETTAZIONE MENTALE

Da Pietro Abelardo (Dialectica, prima metà del XII sec.) a Leon Battista Alberti (De Re Aedificatoria, forse 1445-1450) a Raffaello (Lettera a Baldassarre Castiglione, 1515), la natura mentale del progetto non è mai stata posta in dubbio.

Quello su cui è possibile discutere è la tecnica di restituzione dell'idea architettonica, da sempre influenzata dalla "maniera cognitiva" (cioè dal modo di pensare) proprio d'una data cultura, e che a sua volta determina il risultato architettonico. Da Vitruvio (De Architectura, ultimo quarto del I sec. a.C.), per tutto il medioevo, e rimanendo agli esempi citati, per l'Alberti (De Re Aedificatoria) e Raffaello (Lettera a Leone X, 1519, scritta con Baldassarre Castiglione), la rappresentazione dell'idea architettonica era affidata principalmente a disegni di piante, sezioni, prospetti. Daltronde la maniera cognitiva diffusa nell'Europa occidentale sino a buona parte del XX sec., è stata dominata dai concetti aprioristici di orizzontalità, verticalità, perpendicolarità.

MICHELANGELO, dall'interno del modello rinascimentale, opera una prima importante RIVOLUZIONE: pur accettando per buoni programmi celebrativi, un'idea di visione monocentrica, forme di comunicazione figurative, modelli urbani chiusi e sistemi di costruzione continui, riesce a percepire la complessità della realtà e la crisi di valori che attraversa la cultura del suo tempo. E cerca nuovi parametri di comprensione del reale: alla presunzione delle regole di natura, immutabili e intelligibili, sostituisce la consapevolezza della mutevolezza della realtà vivente, della distanza della realtà materiale dalla perfezione, della dignità e della potenza espressiva di ciò che non è come gli altri avrebbero voluto che fosse. L'architettura diventa espressione d'uno stato dell'anima, che interpreta la vita vissuta come dramma. Michelangelo riesce, come Cezanne, a rappresentare per paradosso, attraverso la mutevolezza, l'essenza delle cose (vedi i "Prigioni" del 1530-34).

Il neoplatonismo non rappresenta una via di fuga, ma la percezione chiara e distinta della preminenza dell'idea non solo sulla funzione, ma anche sulla forma (vedi il tema del "non finito"). Non importa lo studio dei tipi, né la sostituzione delle regole imperanti con altre: da questo punto di vista la rivoluzione michelangiolesca è superiore a quella tentata da Victor Horta col suo nuovo stile.

È a Michelangelo che si devono i processi mentali da cui scaturiscono le architetture-sculture di Gehry: Buonarroti stesso riteneva di essere nato per la scultura; e se credeva che "la pittura mi pare più tenuta buona quanto più va verso il rilievo" (Lettera a Benedetto Varchi, 1546), probabilmente doveva pensare lo stesso per l'architettura (poiché "la pittura, e l'architettura e la scultura trovano nel disegno la loro sommità"; Francisco De Hollanda, Dialoghi romani con Michelangelo, 1548).

Quello che Michelangelo possedeva, e che nessun modello elettronico potrà mai riprodurre, è la capacità di "cogliere" idee: nel proprio cervello, o meglio, nella propria Anima.

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Michelangelo, Schiavo al Risceglio dettaglio 1530-34 Galleria dell'accademia Firenze

Rapa

On 24-03-2003 0:33, "andrea di laurenzio" <andreo@tiscalinet.it> wrote:
 

il calcolatore è sicuramente la rapa del nosrtro secolo, ma tanto il primo come il secondo denunciano più il bisogno di informare o di essere informati?
i modelli lignei di michelangiolo prima di servire ai mastri costruttori non erano forse necessari allo stesso buonarroti per aiutarsi a esprimere le sue idee?
quando eseguiamo una modellazione siamo noi che valutiamo quali siano le viste da mostrare per controllare i punti significativi del nostro progetto o per una verifica dello spazio progettato.
 

Disegnare

On 23-03-2003 23:55, "Michele Lisena" <mlisena@inwind.it> wrote:

riporto un brano della premessa di Bruno Zevi in "Rinascimento e manierismo"
Controstoria dell'architettura in italia, Enciclopedia Tascabile, Tascabili Economici Newton, 1995):

 "E' l'età della prospettiva, scoperta deleteria poiché, al posto della realtà vissuta, pone come obiettivo la sua rappresentazione tridimensionale. Da quel momento, a parte i trasgressivi, gli architetti non pensano più agli spazi, ai volumi, agli snodi e ai percorsi, ma solo al modo di graficizzarli. Per facilitare tale compito, impoveriscono la loro strumentazione, geometrizzano, mortificano l'edificio in uno scatolone. Impera da allora l'assolutismo sadico del disegno, che provoca una strage professionale: migliaia e migliaia di persone dotate rinunciano a fare gli architetti perché <non sanno disegnare>, mentre a quelli che sanno disegnare dovrebbe essere precluso l'accesso alle facoltà di architettura."

Questo brano di Zevi può, a mio avviso, essere attualizzato e descrivere appieno il difficile rapporto tra architettura e informatica. Si potrebbe affermare che troppo spesso, purtroppo, molti architetti non pensano più all'architettura "reale" ma solo a quella "virtuale". Troppo spesso oggi nelle fascinose 'rappresentazioni elettroniche dei  progetti' si sacrifica l'architettura e i suoi contenuti reali.

Nel suo articolo "Dalla terra al Cad" afferma:

 "Non è di per sé garanzia di buona architettura, ma fornisce una possibilità di dialogo con clienti e i collaboratori che Michelangelo non aveva."

Garantire una "buona architettura" dovrebbe, a mio avviso, essere sempre e comunque l'obiettivo più importante del fare architettura.

Treni Crisi Crash

Per anni mi sono rimaste alla memoria queste due immagini. Adesso le ho ritrovate AS.

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Ho visto dal vero Il Cezanne, è alla COURTALULD di Londra AS

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La stazione del Milano è il Colmo. Nel 1931 è INAUGURATA. Pagano non ci poteva credere

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Ma chi Crea i Simboli?

On 23-03-2005 14:15, "alessia.latini" <alessia.latini@libero.it> wrote:

La "via dei simboli". Un percorso, una strada che ci sta portando ad una sintesi linguistica, ad un uso sempre maggiore della singola parola per definire un concetto. Viviamo in un mondo di SEGNI, segnali di obbligo, di convincimento, di ammaliamento. Come avviene la decodificazione, in che modo un SEGNO può diventare un SIGNIFICATO? Il processo è lo stesso che trasforma il ?dato? in ?informazione?, ovvero l? attribuzione di una convenzione, che permette di creare quindi una oggettivizzazione. In questo modo il segno si trasforma in SIMBOLO. Poniamoci anche un? altra domanda: come si creano le chiavi di interpretazione, le convenzioni? I due soggetti principali di questo processo sono i ?comunicatori" dei simboli ed i fruitori degli stessi. I primi possono attingere dalla conoscenza comune oppure inventare dei nuovi simboli, dando vita spesso ad un nuovo processo di mini-stratificazione culturale. I fruitori, a loro volta, non devono fare altro che attingere alle proprie conoscenze, dando un significato a volte anche non coerente con la volontà del ?comunicatore" oppure, nel caso di nuovi simboli, decidere come interpretarli e se accettarli o meno. Mi vengono in mente a proposito due casi che appartengono alla storia dell? architettura. Pensiamo alla distruzione degli edifici di Ledoux da parte dei rivoluzionari che avevano ad essi attribuito un simbolo di potere. Pensiamo a Bilbao e alla trasformazione di una città industriale in decadenza in una città in cui si vende ?immagine". Pensiamo al rifiuto della popolazione basca di una simbologia nella quale non si riconoscono, perché non fa parte della propria storia, della propria cultura.
 

 


"Interattività fisica vuole dire che l'architettura stessa muta"
 

On 31-03-2005 9:53, "Valeria Cataldi" <valeria@bonomogallery.com>

Con la parola "interattività" sono emersi dalla mia memoria una serie di paesaggi mentali legati piuttosto all'interazione nello spazio di diverse entità fisiche, quali persone o cose, oggetti più in generale, che si sollecitano l'un l'altro.

Ma quello che più mi interessava era la domanda che c'è a monte: perché, anche in campo artistico, tante volte si è cercata questa interattività? E come?

Ovviamente le risposte potrebbero essere senza fine ma ho deciso di concentrare l'attenzione sull'interpretazione che dà Vito Acconci di interattività all'inizio della sua carriera artistica.

Le sue prime performances nei lontani anni Sessanta-Settanta nascevano da un tentativo di divenire parte dell'architettura, «non più un'entità nello spazio ma parte della stanza, del pavimento, dell'ambiente», l'ambiente erano le pareti bianche delle gallerie dove il suo corpo diveniva immagine. Non più opere d'arte statiche da posizionare in un luogo casuale ma installazioni legate intimamente al luogo in cui si trovano.

C'è inoltre da tener presente come il pubblico fosse parte costituente di tali esibizioni: in "Proximity Piece", 1970, l'artista si avvicina moltissimo a qualcuno in un museo, quasi sfiorandolo, intervenendo sul piano simbolico poiché il museo è proprio il luogo del non-contatto, sin dall'ingresso si sa che non si deve toccare, solo osservare. L'interattività diviene ancora più profondamente fisica (utilizzando il corpo nella sua totalità) intervenendo nello spazio, e quindi nell'architettura, che la contiene.

L'importanza di questo artista non si fermava solo alla Body Art, ma arrivava molto oltre: Acconci filmava, fotografa, documentava in mille modi i suoi gesti, le sue azioni, in un certo senso faceva già dell'arte-informazione, pubblicità di sé stesso come opera d'arte in continua trasformazione e in continuo dialogo con il pubblico (interattiva dunque?).